mercoledì 5 agosto 2009

L'Automobile

Protagonista indiscussa della costruzione della società industriale e post-industriale, l'automobile è uno dei perni ideologici più potenti della società del papalagi.
L'automobile è considerata un mezzo assolutamente irrinunciabile.
Effettivamente, la società del papalagi è stata modellata sull'uso di questo mezzo. L'idea del tempo e dello spazio è stata totalmente stravolta, il territorio è stato ricostruito secondo le esigenze dello spostamento privato su ruota, l'immaginario delle persone è stato completamente conquistato.

All'automobile sono associati molteplici concetti, spesso facilmente rintracciabili nei messaggi pubblicitari ad essa dedicati (normalmente circa la metà degli spot che passano in Tv nelle ore di punta sono dedicati alle auto, ai carburanti e a prodotti vari per il motore; questo dovrebbe già far riflettere) : la libertà, come libertà di muoversi dove si pare, nel tempo che più aggrada; l'indipendenza, uno dei massimi riti nel passaggio alla maggiore età è il conseguimento della patente; la forza, come dominio sullo spazio e capacità di sopravanzare i possessori di modelli obsoleti e i non motorizzati; la velocità, come divertimento, sport, ebrezza; il progresso, come cammino glorioso e razionale di perfezionamento tecnico; questi concetti sono impressi in profondità nella mente del papalagi, e questi tende a prenderli per assiomi inconfutabili.
Ma lo sono davvero?

!) LIBERTA' DI MOVIMENTO

Siamo diventati più padroni del nostro tempo e spazio?

Le strade hanno steso un reticolo di spazio percorribile sul territorio, ogni strada è una linea stesa sopra un piano infinitamente più vasto; abbiamo avuto la possibilità di muoverci su queste linee al prezzo di dimenticare gran parte del piano.
Per l'automobilista tutto ciò che è di passaggio lungo la strada non esiste, nei migliori dei casi è uno sfondo inerte. Si può andare dove si vuole? Sempre, laddove è consentito, dove non ci sono sbarre, cancelli, dove c'è un collegamento stradale.
La libertà di movimento acquisita con l'auto è in gran parte fittizia, e nasce soprattutto dalla diversa idea di spazio che essa stessa ha imposto: uno spazio fatto di reti e nodi, dove ciò che resta tra le maglie della rete semplicemente scompare.

Le strade sono fatte solo e soltanto per le automobili, se un motociclo può comunque adattarsi al movimento veloce dei grandi collegamenti, un mezzo troppo lento o troppo poco solido viene letteralmente espulso, a rischio della distruzione.
Muoversi a piedi, in bicicletta o su un animale per i grandi viali di una città, per le tangenziali, le autostrade, le statali e provinciali, assomiglia molto ad un tentativo di suicidio.
Questa presunta libertà di movimento nasce da una prevaricazione immensa: l'obbligo di avere una macchina.

Ma è soprattutto per un altro ordine di motivi che avere un'automobile non garantisce di per sè libertà di movimento: la nostra vita è sempre più scandita, nel suo percorrere le giornate, da scadenze decise da altri e imposte.
Queste sono modellate sull'uso della macchina: a una maggiore velocità degli spostamenti ha corrisposto una maggiore freneticità dei doveri e degli appuntamenti.
Ciò non fa che rendere la vita senza auto naturalmente più difficoltosa; da qui viene l'idea dell'irrinunciabile utilità del mezzo: non dalle sue qualità, ma dal sistema coercitivo che gli è stato costruito intorno.

Il traffico cittadino esplode, la quantità di ingorghi, file agli incroci, semafori, sensi unici, rende il muoversi in macchina una giostra allucinante, una fonte di stress enorme. Capita facilmente che un percorso a piedi o in bici sia più veloce di un percorso in macchina, ignorando sia gli ingorghi, sia i semafori (se si vuole, anche se a proprio rischio), sia i percorsi demenziali dei sensi unici.

La macchina ingombra notevolmente: file sterminate a bordo dei marciapiedi (spesso sopra), enormi spiazzi desolati, a volte pure su più piani, adibiti a parcheggio, case con posto auto (pagato salatamente), eppure non basta mai, per trovare parcheggio l'autista deve continuare il suo giro demenziale ancora a lungo, aumentare il proprio stress, buttare via tempo e aumentare l'inquinamento.
Una macchina occupa una quantità di spazio di circa 10 mq, un essere umano in piedi meno di un mq, se consideriamo che in Italia la quantità di automobili supera quella dei patentati (e basta fermarsi un giorno qualunque a qualsiasi ora in una strada trafficata per vedere come la quasi totalità delle auto porti una sola persona), possiamo immaginare l'immane spreco di spazio che avviene a scapito della vivibilità nei centri abitati.

Non abbiamo la libertà effettiva di andare dove ci pare, quando ci pare. I luoghi e i tempi della nostra vita sono in gran parte imposti da altri, e tra queste imposizioni c'è anche l'uso dell'automobile: per andare in luoghi costruiti a sua misura, secondo tempi frenetici ugualmente a sua misura (in questa frenesia è anche la stupidità del traffico cittadino, che nel voler andare veloce a tutti i costi, si ingolfa e si blocca).

")L'AUTO RENDE PIU' INDIPENDENTI?

Lo abbiamo detto: uno dei riti di passaggio verso l'eta maggiore è il conseguimento della patente. Tutti i ragazzi aspettano i 18 anni per poter finalmente usufruire di una macchina di famiglia, e in genere a 18 anni già guidano. L'auto consente ai ragazzi dei paesi sperduti di scendere in città, alle coppiette senza casa di farsi una sana scopata lontano da occhi indiscreti, eccetera eccetera.

Eppure queste attività si potrebbero svolgere in tutt'altro modo, con più spirito d'iniziativa. L'auto è solo il modo più facile.
Ci si può muovere coi mezzi pubblici e starsene in giro tutta la notte, per esempio. Si può sistemare una casa diroccata del paese o nei dintorni per farsi i beneamati cazzi propri lontani dalle chiacchiere, eccetera eccetera.

Cosa richiede più indipendenza?

Da quando nasciamo veniamo indotti a pensare l'automobile come parte integrante della nostra vita: è il primo mezzo su cui normalmente saliamo, giochiamo con macchinine e videogiochi di formula 1, le vediamo dappertutto, fanno parte del nostro habitat più di qualsiasi animale o pianta...

E allora, forse, il vero sforzo di indipendenza è nel rinunciare.

E d'altronde, l'auto non sfugge all'eterno paradosso dell'innovazione tecnologica: ogni comodità che dona crea una dipendenza, senza quella comodità non sappiamo più agire. Quante persone adesso non riuscirebbero, dopo una vita da seduti, a farsi 10 chilometri a piedi sotto il sole? Quante persone, senza macchina, si sentono sperdute e impotenti?

La dipendenza dall'autotrasporto è anche ciò che tiene in vita tutto il sistema delle merci, quel sistema folle per il quale è più conveniente comprare pomodori cinesi rispetto a quelli di un campo nel paese affianco.
Se, come è ben probabile, nella nostra vita dovremo vedere la benzina diventare progressivamente prima un bene di lusso e poi sparire, come reagirà la società?
L'auto crea dipendenza, come una droga. Più la si usa e meno ci si può rinunciare. E' probabile che assisteremo a crisi di astinenza di intensità inaudita.

A questo punto direi che la vera indipendenza è rinunciare all'automobile, e anche rinunciare il più possibile al sistema delle merci della grande distribuzione...più o meno una rivoluzione, insomma.

£)L'AUTO RENDE PIU' FORTI?

Questa domanda può sembrare una sparata, ma quante sono le persone che dalla loro automobile traggono sicurezza, certezza di status sociale, senso di potenza...
Quante volte, nel traffico, si assiste a comportamenti violenti, rabbiosi, dettati da un'irrazionalità che va ben oltre il semplice stress da ingorgo?
Una marea di persone stabilisce con la propria auto rapporti abbastanza perversi, l'auto è un mezzo di affermazione di potenza mediante la velocità, il lusso, la quantità di gadget inseriti, e, in definitiva, può anche essere un'arma impropria di efficacia indiscutibile.

Il successo di bestioni come i SUV nelle nostre città già congestionate e spesso inadatte anche a macchine normali parla da sè. L'auto più grande, più sicura per sè, ma letale per gli altri, più costosa...

L'auto rende più forti nel momento in cui marca una debolezza estrema, è solo uno dei tanti barili cui si appendono i naufraghi di una società esplosa, ed è uno dei più gettonati per la centralità che ha nella cultura di quella stessa società.
Ci sono luoghi del mondo in cui una macchina rimane tale, un semplice oggetto per trasportare il proprio corpo e gli oggetti ingombranti in modo meno faticoso e più veloce da un luogo all'altro. Posti in cui quando avviene un incidente leggero gli autisti si fermano giusto il tempo necessario per verificare che nessuno si sia fatto male.
Non qui, dove si è potuto uccidere per un parcheggio soffiato all'ultimo momento, qui succede di tutto.
Qui la macchina diventa per molte persone una stampella irrinunciabile per una personalità in crisi. Ma la società che genera queste crisi è basata sull'automobile.

$)VELOCITA'

Sulla velocità come ebrezza e divertimento, poco da dire. Fa sorridere vedere la schizofrenia di tanti ragazzi che hanno paura del terrorismo, della pandemia, della cricca balorda di immigrati, e poi si lanciano a 100 all'ora in vicoli di mezzo metro, fanno testa coda in tangenziale, eccetera eccetera.
Si punta sempre il dito sull'alcool come principale fattore di incidenti mortali in auto, si stringono sempre più i controlli e i limiti di alcolemia nel sangue. Eppure nessuno si è mai preso la briga di verificare in qualche modo il grado di incidenza dell'alcool e quello della velocità, su quantità e gravità degli incidenti.
E'vero che l'alcool rallenta i riflessi e altera la percezione, ma è anche vero che i riflessi richiesti andando a 50 all'ora non sono quelli richiesti a 150; sarebbe interessante sapere quanti sono gli incidenti gravi che riguardano persone sotto effetto di alcool o altre sostanze mentre andavano sotto i 60 km orari.

La velocità ha troppo fascino, è troppo importante ai fini della vendita, per essere messa in discussione. E infatti le case automobilistiche mettono tranquillamente in circolazione auto che possono andare nettamente oltre i limiti di velocità massimi consentiti senza che nessuno dica beh.
Tutto sommato potrei dire che le case automobilstiche istigano a delinquere il guidatore, a diventare pericoloso per sè e per gli altri.

%)PROGRESSO

L'auto è stata uno dei grandi miti che hanno rinverdito le speranze positiviste nella soluzione di tutti i mali affidata alla tecnica; nella storia della sua affermazione il richiamo alle magnifiche sorti e progressive dell' umana gente è stato costante, continuo.
Non staremo qui a disquisire sull'idea di progresso, altro grande idolo del papalagi che meriterebbe uno spazio a sè stante, ma ci fermeremo un attimo a pensare agli sviluppi futuri del trasporto privato su quattro ruote.

L'automobile è per tutti irrinunciabile, eppure tutti ormai conoscono i mali derivati dall'uso che se ne è fatto sin ora: inquinamento atmosferico, chimico, acustico, incidenti, ecc.
Molti sono i palliativi adottati nelle grandi città ormai sovraccariche di macchine: zone a traffico limitato, pedaggi, domeniche a piedi e targhe alterne, poco altro.

I nodi centrali restano assolutamente irrisolti, lo status divino delle quattro ruote continua ad imperare, e l'abuso costante del mezzo non diminuisce in alcun modo ( stentano a decollare forme quali il car sharing, l'uso della bicicletta in città, l'uso dei mezzi pubblici, ecc. ecc.).


L'unica soluzione prevista è nella ricerca di motori alternativi, ricerca che ha già prodotto i primi abbagli, come la sciagura dei bio carburanti a base vegetale: migliaia di ettari di campi distolti dall'alimentazione umana per alimentare le macchine, con conseguenze disastrose sui prezzi degli alimenti base, con conseguente fame per i più poveri nel mondo.

L'idea è la solita del papalagi, che manca di fantasia. La soluzione del problema rientra sempre all'interno del problema.

Tutta la ricerca sui carburanti alternativi non è mossa da amore per l'ambiente, nemmeno dall'emergenza ambientale.

E' mossa da amore per l'automobile, è un disperato tentativo di salvare la motorizzazione di massa, perchè senza di essa, probabilmente, crollerebbe tutto l'attuale sistema capitalistico, come un castello di carte.

E basta vedere con quanta generosità i governi si sono precipitati a salvare le case dell'auto, sull'orlo della bancarotta, i toni da tragedia che usano i media quando parlano di cali nelle vendite dell'auto, ma come si può comprare ancora in un posto dove ci sono più auto che patentati? Siamo pazzi?
Sì, siamo pazzi.

Infatti si inventano sempre nuovi incentivi per buttare le auto vecchie in favore delle nuove, con la scusa dei motori meno inquinanti, con il vero intento di tenere in piedi questo immane carrozzone fine a sè stesso.


La civiltà del papalagi è in crisi, e l'uscita da questa crisi passerà necessariamente per una ridefinizione del rapporto con la motorizzazione privata di massa, con tutte le implicazioni enormi che ciò comporta a livello culturale, politico, economico, sociale.

9 commenti:

Sulu ha detto...

Concordo con la nota, sopratutto studiando i miei comportamenti al volante...

La sopportazione fisica del caldo e della camminata non so quanto sia in relazione con le mie deteriorate geneticamente capacità fisiche, ma effettivamente 10 chilometri sotto il sole credo di averli fatti poche volte nella vita (ricordi giulietta? ahah)...

Edo ha detto...

Non posso sottrarmi alla discussione su questo oggetto, la "macchina" per antonomasia, per cui ho da sempre provato un'antipatia innata. Sarà per questo che la gestazione della mia patente è durata quasi 15 mesi, intervallata da due aborti e conclusa con un travaglio dolorosissimo. Già, sono diventato grande un po' in ritardo.

Ho potuto però osservare meglio gli altri crescere dentro certezze di latta affidate loro da genitori che forse non vedevano l'ora di sbarazzarsi dei propri figli, sparandoli verso il mondo degli adulti come proiettili impazziti. Ma alla fine ci sono cascato anch'io.

Di fatto dell'auto non possiamo fare a meno perchè ci abbandoniamo a ritmi disumani, l'auto ci illude di poter farci sopravvivere, sfruttando il fatto che non si riesca a capire che l'auto stessa contribuisce a dettare i ritmi in cui ci sembra di rimaner stritolati. Anche i datori di lavoro fanno la loro parte: spesso il possesso di un'auto o la capacità di saperne guidare una è un requisito essenziale per poter accedere ad un'occupazione, se non rispetti questi standard sei fuori, non puoi lavorare, non puoi avere soldi tuoi, essere autonomo indipendente libero etc Inoltre l'auto ti concede un'altra ebbrezza, quella che si percepisce nel riuscire a cavalcare i ritmi frenetici, nel consumare il tempo senza esserne mai sazi. Insomma ci permette di svolgere certe azioni/compiti incastrati nell'ordine che noi preferiamo, in quanto tempo, come e quando vogliamo. Non importa poi se il quadro generale sia un puzzle di pezzi schizofrenici, se i vari gesti si contraddicano o si sovrappongano. E' più o meno il discorso dell'illogicità nel comprarsi un tapis roulant e piazzarselo nel proprio appartamento al 12° piano e prendere l'ascensore per raggiungerlo. Abbiamo il compito di essere salutisti e fingere di tenere a noi stessi, ci iscriviamo in una palestra a cento metri da casa ma per arrivarci usiamo l'auto.

Per quanto riguarda il diffondersi dei macchinoni, suv, jeep, hammer, titanic su quattro ruote varii
mi piace dare una facile ma affascinante lettura di stampo freudiano del fenomeno: chissà, forse si colma la mancanza di centimetri con l’abnorme abbondanza di metri quadri e di centinaia di centimetri cubi occupati dalle auto?

Se penso a quello che accade nel mio paese (e non solo nel mio, credo) l’auto ha quasi completamente sostituito e occupato quelli che erano gli spazi di socializzazione, crescita, gioco delle persone: la strada, la piazza ed il verde. Molte persone vivono i rapporti con gli altri seduti, dietro ad un volante, lanciati nei circuiti del paese ormai battuti continuamente da decine e decine di auto che percorrono in loop il medesimo tragitto. Lo scopo è ricreare l’atmosfera di un’enorme agorà deframmentata e itinerante in cui si comunica accostando le auto e abbassando i finestrini, facendo tappa nei mini motoraduni, mostrandosi agli altri con strabilianti performance su 4, 3, 2, e 1 ruota, sfoggiando il proprio status economico. Tutto a discapito dei pedoni che vorrebbero non sentirsi ingombranti e non sentirsi in colpa attraversando la strada e bloccando il flusso, tutto a svantaggio dei bambini reclusi dai genitori timorosi delle auto che sfrecciano a 70 in centro.

…quando ero piccolo e giocavo in strada odiavo le macchine che occupavano il nostro spazio. Forse la mia antipatia non è esattamente innata.

giul ha detto...

:)
detto questo...

quando ero in spagna che notavo ogni parola, nelle pubblicità notavo sempre parole che richiamavano a Emozioni, Sentimenti, Concetti Astratti Positivi, Sensazioni di cui Godere.
Le pubblicità delle macchine ne fanno largo uso.
Sarebbe bello come papalagi pentiti se riuscissimo a proporre nuove esperienze a cui associare i sentimenti, le emozioni, le vibrazioni che fanno bene.
a noi stessi, ché mica siamo venditori di valori riciclati e raffazzonati... almeno quelli no ddài :P

(sulu...10 km di strada o di mosche?)

giul ha detto...

edd non ho letto la tua risposta al mio ultimo commento sull'ins k v.
ma forse è proprio la risposta più adatta ;)

MarescLallo ha detto...

Sono allibito dalla lucidità di analisi dell'autore del post, che suppongo sia freddy (e sapete che io rientro appieno nella categoria dei motorizzati, vale a dire di coloro che scraniano al volante, tirano giù dei che manco se piovessero, ingrassano a furia di non camminare etc.). Lo approvo in pieno, a parte per la questione della macchina come base del capitalismo...è nato prima delle macchine, sicuramente ora l'automobile è uno dei suoi pilastri,ma se ne troverebbe altri su cui poggiare senza stravolgere troppo la propria struttura.

giul ha detto...

Cari Pentiti,
per chi di voi non l'avesse ancora letto...
http://www.altraofficina.it/ivanillich/Libri/storia%20dei%20bisogni.htm

Spero vi piaccia.
Ma penso proprio di sì.
A presto.

il mondo è a pezzi, i pezzi siamo noi ha detto...

(ho paura che i pilastri del capitalismo non siano né le automobili e le autostrade, né gli aeroplani e gli aeroporti e gli expò, né gli armamenti, né sepper quello gli allevamenti, né mac donald dilaganti, né mediaset e i format tv uguali dappertutto, ma: ciascuno di noi)

menomale che socrate si è fatto ammazzare.
benedetto sia ogni Eppur Si Muove!
amen

Il mondo è intero, noi siamo a pezzi ha detto...

Ho scritto "l'attuale sistema capitalistico", per specificare che questo è un sistema capitalistico tra tanti che ci sono stati e ci sono magari altrove. Questo sistema si regge sulla circolazione delle merci tramite tir, camion e furgoni. Si bloccano quelli e si blocca tutto, l'abbiamo visto a dicembre di un paio d'anni fa.
Si basa anche sulla circolazione delle persone, le città e i territori sono ormai dipendenti dall'uso dell'auto per mantenere una certà funzionalità produttiva.
Insomma, questo sistema capitalistico ha nell'automobile uno dei suoi pilastri portanti, senza diventerebbe altro, un "altro" imprevedibile, ne uscirebbe totalmente stravolta la sua struttura.

P.S.
Capitalismo non è un ente metafisico che designa il male, ma un sistema economico e politico, nella storia assume forme molto variegate.

cmcagliari ha detto...

holas papalagi pentiti,
il capitalismo (!) ha tra i suoi pilastri l'industria e il mercato dell'auto anche a causa del rapporto patologico che i papalagi hanno sviluppato con il mezzo di transito -automobile- da una parte vi è il continuo ricatto sociale costituito dalla minaccia di chiusura delle fabbriche d'auto, si spillano soldi pubblici a palate per tenere in piedi ste fabbriche di lattine e non si procede a una seria pianificazione di riconversione industriale su larga scala; dall'altra ogni singolo individuo ha sviluppato quest'attaccamento morboso con il veicolo, di cui già si parlato nei vari post precedenti, tale per cui una delle massime "ambizioni" è riuscire ad "acquistare" un veicolo più esclusivo, potente, e blabla di quello che già si possiede. Un mondo senza auto, o comunque con una limitazione dell'utilizzo delle stesse oggi equivale allo sbarco dei rossi sul territorio usa in pieno maccartismo.

aggiungo al consgiliato ivan ilic, il piccolo trattato di ciclosofia di Didier Tronchet nonché la visione di questo simpatico spottino....sul predatore naturale dell'uomo contemporaneo:
http://www.youtube.com/watch?v=pgYA2c5iyzs&feature=player_embedded

buone pedalate!
sgavo