domenica 12 luglio 2009

Idolatria del Papalagi - Introduzione

idolo [ì-do-lo] s.m.
1 Oggetto o immagine elevata a divinità e come tale adorata: culto degli i.

(...)
Dizionario della lingua italiana, Sabatini Coletti

"...la maggior parte delle conoscenze da cui trae profitto tutta una società è appannaggio esclusivo di alcuni individui (...). Resta il fatto che, nel resto della collettività, il fatto di sapere che alcuni sanno ha un'enorme importanza, perchè equivale a sapere che si può avere fiducia; ci si interroga meno sulla giustificazione oggettiva della dottrina che sulla fiducia che si può accordare agli esperti(...): è un elemento decisivo per la credenza e per la superstizione. Ad esempio gli occidentali (o per lo meno quelli di loro che non sono batteriologi di professione) credono ai microbi, e moltiplicano le misure di asepsi, esattamente allo stesso modo che gli azandè credono alle streghe e moltiplicano le preucazioni contro di loro: credono ciecamente interpretando in questo senso alcuni indizi equivoci; verità o superstizione, la sociologia della credenza è identica."

Paul Veyne, "La storia concettualizzante", in Fare Storia, a cura di J. Le Goff e P. Nora, Einaudi 1981, pagg. 45-46.


"Il Papalagi è un individuo con strane idee. Fa molte cose che non hanno senso e che lo fanno ammalare, e tuttavia le esalta e ne canta le lodi."

Tuiavii di Tiavea, Papalagi (pag.15).




Da quando nasciamo, la nostra civiltà non fa che inculcarci il mito della sua efficienza, da qualsiasi parte la si guardi, non si fa che ammirare il progresso tecnologico e scientifico che ci ha permesso di essere così "avanzati" e deplorare e compatire chi da quel progresso è escluso (abbiamo escluso). Cresciamo con la consapevolezza di essere tra quei fortunati che hanno la ricchezza e l'abbondanza a portata di mano, e sappiamo che tutto ciò è dovuto al nostro modo di vivere, alle nostre usanze, alla nostra cultura, alla nostra storia. La nostra società è formidabile nel trovare un senso razionale, una giustificazione per qualsiasi evento avvenga al suo interno; è la nostra casa sicura, dove ogni cosa è al suo posto, e anche se noi non capiamo qualcosa, qualcuno che lo comprende da qualche parte c'è di sicuro, e normalmente anche qualcuno che ce lo spiega (raramente coincidono, ma tant'è).

Possiamo permetterci di vivere tutta la nostra vita senza mai chiederci il senso delle nostre azioni, confidando nella razionalità di chi conosce domande e risposte, e disprezzare la superstizione. E' quello che facciamo. Ed è praticamente impossibile fare altrimenti, perchè la società in cui viviamo si è estesa talmente tanto da risultare incommensurabile alla mente di un essere umano, chiunque deve fidarsi del racconto di altri per capire l'immenso che non vede. Considerando la quantità sterminata di voci male informate o in mala fede, la quantità sterminata di canali di trasmissione di informazioni, che rende improbabile un buon discernimento di attendibilità, penso di poter dire tranquillamente che la nostra sia, a livello di coscienze individuali, la società più superstiziosa che sia mai esistita.

Questa superstizione è quella che governa gran parte delle nostre vite nel rapporto con la quotidianità. Viviamo sommersi di merci dagli usi più disparati, ognuna delle quali tramite pubblicità o semplice uso tramandato, porta con sè un proprio mito che ne giustifica l'esistenza e ne rende necessario l'uso, indipendentemente dalla realtà. D'altronde la gran parte delle nostre azioni avviene in modo abbastanza automatico, dettata dall'abitudine, e raramente ci fermiamo a chiedercene il senso.

Sono tantissimi gli oggetti senza i quali ci riesce impossibile immaginare una vita degna di questo nome, oggetti di cui magari si conosce il lato oscuro, i problemi che portano con sè, ma che si considera irrinunciabili. Spesso è solo un problema di mancanza di immaginazione.

Più spesso, è un problema di visione del mondo. Siamo troppo abituati a cercare una gratificazione immediata da ciò che ci circonda, per prendere in considerazione effetti a lungo termine o su larga scala. L'effetto di milioni di "innocenti" comportamenti sparsi per tutto il mondo sta conducendo tutti verso una catastrofe ambientale e sociale, e ormai la questione è di dominio pubblico, ammessa da tutti, eppure nulla cambia.

E' questa la prima semplice dimostrazione della follia di noi Papalagi, una dimostrazione matematica: vogliamo usare più risorse di quante ne disponga il pianeta, vogliamo accrescere all'infinito i nostri consumi, come obiettivo della nostra società, ignorando il semplice fatto di essere stanziati in un luogo finito.

Eccolo, un semplice motivo per destituire di ogni fiducia tutti i nostri esperti che baldanzosi ci narrano delle magnifiche sorti e progressive della scienza e della tecnologia: sappiamo che non sanno quel che stanno facendo, e questo è un primo passo per uscire dalla nostra supina superstiziosità di placidi Papalagi.

Un secondo passo può consistere nello smitizzare gli oggetti che circondano la nostra vita quotidiana, cercare di spogliarli di tutti i significati che gli son stati costruiti attorno e vederli nella nudità dell'uso. Cercare di adottare la visuale di un alieno, come può essere un samoano di cent'anni fa che descrive i Papalagi, per evidenziare le infinite assurdità e contraddizioni del nostro vivere quotidiano.



E' quello che vorremmo fare da qui in poi, in questa rubrica.



9 commenti:

Sulu ha detto...

Evvai primo commento mio!!
Secondo me la smitizzazione è il primo passo per l'abbattimento del consumismo, o comunque per liberarsi della convinzione che ogni ultimo ritrovato tecnologico o meno sia utile, poichè è molto pubblicizzato e ci fanno sapere che "ce l'hanno tutti".
La voglia di possesso è legata al benessere che l'entrare in possesso di qualcosa ci dà!
L'entrare in possesso di qualcosa (attraverso l'acquisto è logico) ci da benessere perchè è un azione ben vista ed osannata dalla società ormai mondiale del Papalagi.

Il collegamento mentale che infatti si tende a fare sembra semplice e ancestrale:
tizio ha qualcosa > l'ha acquistato > se ha acquistato ha i soldi > se ha i soldi ha il potere > devo imitarlo per essere come lui ed avvicinarmi al piacere che danno soldi e potere.

Se quest'ipotesi è accettata (e più o meno l'accetto, non mi convince spiritualmente :P), gli idoli da abbattere e colpire a morte son proprio il denaro e il potere, smitizzando la felicità che samo abituati ad attribuirgli (è un semplice palliativo secondo me).

giul ha detto...

non riesco a smettere di chiedermi a quanti anni si deve smettere di rifiutare il denato e il potere.

Abiezer Coppe ha detto...

Il denaro è l'unità di misura del potere attualmente più in voga.
Presso altri popoli magari era l'abilità in combattimento, o la discendenza familiare...poco cambia.

Vi consiglio per la milionesima volta la lettura di ciò che sul potere e il potente ha scritto Elias Canetti.

Il potere non è un idolo, ma un demone mosso dall'istinto di sopravvivenza stesso dell'uomo. La volontà di potere, in tutte le sue vastissime forme, è un tratto antropologico.

Possono esistere società senza potenti, ma il potere da qualche parte esiste sempre. Nel migliore dei casi neutralizzato e sigillato in un'urna magica come un cattivo da saga fantasy(e notate che la causa scatenante di queste saghe è sempre nel ritorno del cattivo).
L'ho già detto: chiamatelo diavolo e sarete cristiani (o manichei).

L'idolo è una maschera, uno dei tanti volti del demonio...
PENTITEVI MISERI PECCATORI!

giul ha detto...

sul potere prima e dopo la società tecnologica.

la mia risposta su potere come istinto di sopravvivenza, e il potere che esiste sempre...

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=6146

e missà che il focus può essere proprio spostato.

e missà che può essere anche un abbozzo di risposta alla rubrica sull'ACCATTIEMMELLE.
anche la terza parte dell'insurrezione che viene lo sarà. almeno in parte.

poi se invece era solo una provocazione va bene finirla qui.

PS: sei eddi vero?

Fight the power ha detto...

Ho letto il saggio di Kaczinsky da http://www.tmcrew.org/eco/primitivismo/unabomber.html

Molto intressante, a volte illuminante, a volte disturbante, a volte ridicolo.

Insopportabile il continuo rinvio ad un principio di normalità che si presume assoluta, una stronzata bella e buona che vanifica molte intuizioni.

Odio il primitivismo(Per coerenza, senza la medicina moderna sarei cieco, e quindi inadatto alla vita in una società primitiva).

La libertà è responsabilità su di sè, bella scoperta.

Ridurre tutto il piacere che gli uomini provano a fare cose differenti dalla semplice sopravvivenza ad una deviazione malata dal principio di potere lo trovo profondamente misero, oltre che malato.
Il principio di potere è in realtà un principio di azione, che può muoversi non verso lo scopo di risolvere qualcosa, ma semplicemente nel flusso del vivere.
L'idea che la vita debba avere un senso è patetica.

Il fatto che la sopravvivenza sia legata alla capacità di affermare una forza una dannata mancanza di fantasia.

I discorsi più interessanti li conosciamo già.

L'attacco alla sinistra va letto, perchè aldilà delle semplificazioni e di certe scorciatoie intellettuali per mettersi sopra vento, spesso centra nel vivo i problemi dei sinistrorsi.


Vabbò, comunque la mia non era una provocazione, solo un richiamo al realismo. Io la penso così sul potere, ci son tanti modi per chiamare le cose, a volte cose chiamate allo stesso modo sono diverse.

Flavour Flav ha detto...

P.S. il principio di potere come è lì espresso non è principio di potere, ma di azione. Perchè appiattire al potere ogni movente dell'agire umano? Lo trovo assolutamente malato.

giul ha detto...

mi chiedo se avresti fatto le stesse considerazioni nel caso in cui avessi letto l'articolo dove l'ho letto io e non in quella sezione etichettata primitivismo, assieme a quegli altri articoli.

non ho capito se stai dicendo che il potere esiste sempre e quindi mettiamoci una pietra sopra e l'anima in pace.
...accettiamo il diavolo che è dentro di noi :P

il tuo pensiero com'è scritto mi ricorda molto quello "spot" hegeliano (non so se hegel l'abbia detto così ma, come forse vi ho già detto, sono rimasta secoli a combatterci) per cui ciò che è reale è razionale e ciò che è razionale è reale.
Che è vero che non so se hegel l'abbia detto proprio così ma a me sembra che sia la forma mentis di tanti.

tra altre riflessioni sullo spot c'è anche quella per cui l'unica realtà (storica e attuale) (e futura) che conosce ciò che ormai si autodefinisce occidente non è l'unica realtà storica e attuale, ma magari sì futura.

e comunque penso che sia sulu sia io ci riferissimo al potere com'è inteso in un sistema capitalista, unito al denaro ma non identico.
e allora capisco ancora meno il tuo riferimento al potere come diavolo che a seconda come lo chiami sei in una categoria o in un'altra di creduloni.

a me prude invece.
tutto ciò che è legato al potere.
e credo ci sia quella "terza via", fra sottoporre ed essere sottomessi. una via dove il potere non sia quello del capitalismo, e forse serve una parola nuova da inventare per descriverlo.

Tony Blair ha detto...

Missà che non hai capito...

Con potere io intendo la possibilità costante di esercitare una forza da parte di qualcuno su qualcun altro, un pò come fa il gatto col topo. In questo il potere assume tantissime forme...

Il fatto che il potere esista sempre è solo una spinta a misurarsi costantemente nella sua negazione o neutralizzazione.
Ma non si può pretendere che smetta di esistere per sempre. Questo era il senso.

Poi, forse, ho allargato troppo il discorso; ma per me il potere è sempre tale indipendentemente da come si esercita e da come è organizzata una società...

Riguardo al riferimento al cristianesimo: era un omaggio ai tanti che si sono opposti al potere chiamandolo in quei termini e una provocazione, ma anche un modo per dire che i tanti idoli del papalagi servono quasi sempre a mascherare crudi rapporti di potere, o quantomeno a permettergli di scaricare le spine del comando...

In ultimo: se avessi letto altrove l'articolo di Kaczinsky ne penserei le stesse cose, e forse sarei ancora più caustico scrivendole...

Riguardo alla "terza via", beh, anche io penso che possa esistere. La parola simbiosi mi piace molto, al riguardo.
Ma non mi farei troppe illusioni, dubito assai che potrò vederla...

Sulu ha detto...

vabbè sulla possibilità di vedere una società (o rete??) in cui ogni individuo è in grado (e vuole) di neutralizzare la propria volontà di potere sugli altri, è dura...

però si, io non intendevo potere come volontà di azione, ma proprio nel senso di pratica umana ormai naturalizzata di agire per avere, perchè l'avere è religione.
Non agire per condividere, che farebbe parte anch'esso della naturalezza umana...